Fondi comunitari: quanti ne arriveranno in Italia?

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Di quanti fondi comunitari potrà beneficiare l’Italia in questo periodo di programmazione? Una domanda frequente e non così semplice, a cui proviamo a rispondere.

Innanzitutto, è doverosa una premessa: la domanda non è così semplice come sembra. Perché?

Perché la risposta dipende da diversi fattori, parametri e stime che si possono considerare nel conteggio.

Vediamo insieme quali.

Un primo fattore di variabilità risiede nei dati stessi.

  • I dati possono essere espressi a prezzi costanti (ovvero considerando il “valore di un euro” in un data determinata) o a prezzi correnti (ovvero considerando valore attuale dell’euro). Molto spesso viene utilizzato il 2018 come punto di riferimento per i valori dati a prezzi costanti (anno in cui sono state fatte le prime allocazioni per la programmazione 2021-2027), mentre il valore a prezzi correnti varia (per definizione) nel corso del tempo. Soprattutto su grandi numeri, l’inflazione crea discrepanze legate al tipo di misura dei prezzi e all’anno di riferimento utilizzati per i valori monetari;
  • I valori delle allocazioni possono subire variazioni nel tempo, a causa delle specificità dei singoli programmi, dei cambiamenti che possono avvenire durante la loro esecuzione e delle modalità di utilizzo dei fondi. I regolamenti istitutivi dei vari programmi contengono allocazioni indubbiamente “ufficiali”, ma il dibattito tra istituzioni e gli aggiustamenti attuati in fase di esecuzione operativa possono dar luogo a discrepanze che, almeno per qualche tempo, non vengono registrate nelle comunicazioni e nelle pubblicazioni istituzionali: senza che questo faccia venir meno il valore “ufficiale” del dato di partenza. Il quadro finanziario comunitario prevede espressamente dei margini per garantire una certa flessibilità nella gestione delle principali voci di bilancio.

Per questi motivi è importante considerare i dati sulle allocazioni finanziarie (anche quelli riportati all’interno della Guida) come degli ordini di grandezza indicativi.

La complessità nella definizione dei “fondi disponibili” non risiede unicamente nei dati, ma anche in cosa – e come – viene incluso nel conteggio di tali fondi.

Sicuramente, tra i “fondi comunitari spettanti all’Italia” occorre considerare i Fondi Strutturali ad essa assegnati. Esistono tuttavia molti altri elementi, la cui inclusione o meno nel conteggio può essere oggetto di diverse (legittime) interpretazioni:

  • Nell’ambito dei Fondi Strutturali può essere inclusa nel conteggio la quota di cofinanziamento nazionale (in quanto anch’essa contribuisce all’ammontare dei fondi a disposizione per i progetti finanziati dai Fondi Strutturali) oppure no (in quanto l’origine dei fondi è nazionale e non comunitaria);
  • fondi agricoli e per lo sviluppo rurale (FEASR e FEAGA) possono essere calcolati come “fondi spettanti all’Italia” (in quanto essi rappresentano effettivamente una quota importante dei fondi comunitari redistribuita ai singoli paesi) oppure no (in quanto alcune forme di intervento seguono modalità molto specifiche, come i pagamenti diretti agli agricoltori e le misure di sostegno al mercato agricolo);
  • L’Italia, al pari di tutti gli altri paesi europei, beneficia dei fondi a gestione diretta, per quanto essi non siano specificamente allocati a un paese specifico. È possibile includere nel conteggio una stima di questo potenziale beneficio (in quanto i fondi europei a gestione diretta sono una risorsa importante per le organizzazioni del nostro paese) oppure no (non trattandosi di fondi “dedicati” all’Italia);
  • fondi speciali del Recovery Instrument (NGEU / Next Generation EU) possono essere calcolati tra i “fondi spettanti al nostro paese”, perché in effetti lo sono; oppure no, per via del loro carattere eccezionale. Infatti, i fondi NGEU sono un “extra” rispetto al quadro finanziario dell’UE e non appartengono né alla categoria dei Fondi Strutturali né a quella dei programmi a gestione diretta. Quest’ultimo aspetto li accomuna ai fondi del programma REACT-EU, spesso descritti come categoria a sé stante;
  • La natura del Recovery Instrument produce ulteriori “zone grigie” ai fini del calcolo dei fondi disponibili. È possibile inserire o meno nel computo: 1) i contributi del fondo complementare nazionale di NGEU (che fanno capo a NGEU e servono al finanziamento degli stessi progetti, ma sono di origine nazionale); e 2) la componente prestiti di NGEU (che è specificamente destinata all’Italia, ma il cui uso è discrezionale e implica una restituzione dei fondi da parte del nostro paese).

Conoscere le diverse possibili interpretazioni che si possono dare nel rispondere a questa domanda (apparentemente semplice) sui fondi comunitari è un modo per approfondire la conoscenza della loro struttura e del loro funzionamento. Questa lunga premessa è dunque – probabilmente – più utile e interessante della stessa risposta alla domanda.

Tentiamo comunque di fornire una risposta più diretta, tenendo presenti tutti i fattori appena descritti. Useremo valori arrotondati, per sottolineare il carattere strutturalmente indicativo di questa informazione. La stima si basa su un’apposita guida al bilancio della Commissione europea (di cui abbiamo parlato qui), su fonti governative nazionali (per quanto riguarda i contributi nazionali) e su una ponderazione per PIL e per abitante (per quanto riguarda la quantificazione dei fondi a gestione diretta).

Questo calcolo include tutti gli elementi oggetto di possibile interpretazione, descritti più sopra. Poiché adotta una definizione particolarmente allargata di “fondi europei” e poiché l’attivazione della “componente prestiti” di NGEU è discrezionale (è un’opzione che potrà essere utilizzata solo in parte), possiamo stimare che i fondi per progetti UE disponibili per l’Italia in questo periodo di programmazione ammonteranno a circa 350 miliardi di euro.

Quanto scritto finora risponde alla domanda: di quanti fondi potrà beneficiare l’Italia in questo periodo di programmazione?

Ma non risponde a una domanda che è, in realtà ancora più rilevante: di quanti fondi beneficerà l’Italia in questo periodo di programmazione?

La risposta a questa seconda domanda è ancora più complessa e ha a che fare con la capacità d’assorbimento (approfondisci qui).

Una capacità che permette di utilizzare pienamente il potenziale espresso dai fondi disponibili e cui tutti gli europrogettisti contribuiscono, più o meno consciamente, preparando progetti finanziabili di buona qualità.

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