NERO Perugino Burri, inaugurata la mostra a Perugia

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È stata inaugurata a Palazzo Baldeschi di Perugia la mostra NERO Perugino Burri, ideata e organizzata da Fondazione Perugia in collaborazione con Fondazione Burri. Un progetto ambizioso che pone in dialogo, a cinquecento anni di distanza, le opere di Pietro Vannucci e Alberto Burri, fra i più grandi artisti umbri di tutti i tempi. I due maestri, oltre che dalla terra natale, sono accomunati dall’utilizzo del nero, soluzione cromatica suggestiva e originale.

Lesposizione, in programma dal 22 giugno al 2 ottobre 2023 a Palazzo Baldeschi a Perugia, si colloca all’interno delle celebrazioni per il quinto centenario dalla morte del Perugino, ed è curata dalla storica dell’arte Vittoria Garibaldi e da Bruno Corà, presidente di Fondazione Burri.

Alla conferenza di inaugurazione, molto partecipata, sono intervenuti i due curatori Vittoria Garibaldi e Bruno Corà, la presidente di Fondazione Perugia Cristina Colaiacovo, il sindaco di Perugia Andrea Romizi e lo storico dell’arte Claudio Strinati.

L’inaugurazione della mostra

L’esposizione è arricchita da prestiti provenienti da alcuni fra i più rinomati musei del mondo, tra cui il Museo del Louvre di Parigi, le Gallerie degli Uffizi di Firenze e la Galleria Nazionale dell’Umbria, oltre alla Collezione Burri.

Per l’occasione è stato effettuato un totale restyling del piano nobile di Palazzo Baldeschi, creando un’atmosfera immersiva e un suggestivo gioco di luci, in un percorso emotivamente coinvolgente.

L’esposizione a Palazzo Baldeschi di Perugia

Trait d’union della mostra, composta da circa venti opere, è appunto l’uso del nero che hanno fatto i due maestri. Un colore problematico, spesso evitato dagli artisti, come afferma Bruno Corà: “Il nero è pieno di possibili valenze simboliche. È un colore azzerante e difficile da usare, capace di isolare qualsiasi forma o immagine che gli sia avvicinata, così come la può rendere emblematica. È un colore che suscita molte domande e tocca il sentimento in profondità”. Usato sapientemente dai protagonisti di questa esposizione, rappresenta una grande innovazione per l’epoca del Perugino ed uno dei tratti più ricorrenti nell’opera di Burri.

L’idea della mostra è nata dall’opera del Perugino Madonna col Bambino e due cherubini, una pregiata tavola dal sapore intimo e familiare conservata proprio nella collezione permanente di Fondazione Perugia. Il capolavoro ritrae la Vergine con il bambino che si stagliano su uno sfondo completamente nero, permettendo agli incarnati e ai colori delle vesti di risaltare in un modo assolutamente innovativo per l’epoca. Sono questi gli anni più belli del percorso del maestro, quando, attivo a Firenze, conosce e assorbe la pittura fiamminga e la luce di Leonardo, ma è anche coinvolto dall’atmosfera di Venezia dove si reca più volte nel corso degli anni Novanta.

Da qui la volontà di indagare l’uso dello sfondo nero in alcune opere del Perugino, tutte di piccolo formato e datate a cavallo tra il XV e il XVI secolo, dove non c’è nessun paesaggio ideale o preso in prestito da una suggestione visiva, nessuna architettura prospettica, solo il profondo nero su cui si stagliano i protagonisti della scena, come mai si era visto prima. Questa ricerca ha permesso di ottenere importanti prestiti, come lo splendido Ritratto di Francesco delle Opere, probabilmente dipinto a Venezia, e il Ritratto di giovinetto, provenienti dalla Galleria degli Uffizi, e ancora la Madonna con Bambino tra San Giovanni e Santa Caterina del Museo del Louvre.

In dialogo con le tavole di Perugino ci sono una decina di opere di Alberto Burri, in cui si può ritrovare il medesimo interesse per il nero inteso sempre non come mancanza di colore, ma come buio che permette alla luce di emergere. Burri è stato un grande ammiratore e conoscitore dell’arte italiana del Rinascimento, come racconta la curatrice Vittoria Garibaldi: “Ho avuto l’onore di conoscere, ma soprattutto di frequentare Alberto Burri negli anni Ottanta. Era solito ripercorrere le vie del Rinascimento dell’Italia centrale insieme ai suoi più cari amici come Nemo Sarteanesi. È questo un dialogo dalle radici lontane e che trova conferma nelle linee, nelle forme e nelle sensibilità cromatiche che uniscono i due grandi artisti”. In particolare l’Umbria, terra amata, animata da Piero della Francesca, da Raffaello e ovviamente da Perugino, ha lasciato radici indissolubili in Burri che si rivelano e trovano conferma nelle forme, nei colori e nelle composizioni delle sue opere, da Catrame del 1949 e Nero Cellotex del 1968. Qui la materia emerge prepotente dalla tela e l’attenzione è posta tutta sull’equilibrio tra forma e colore, con una predilezione per il nero e lo scuro, tratto diventato emblematico dell’artista tanto da essere soprannominato “il maestro dei neri”. Le opere di Burri così possono essere considerate una ideale dialettica proposizione con le tavole del Perugino: se nel Quattrocento il fondo nero serviva a far risaltare il soggetto principale dell’opera, in Burri il nero è protagonista e diventa materia viva che si espande ed emerge.

L’intuizione di mettere a confronto i due maestri – conclude la Presidente di Fondazione Perugia Cristina Colaiacovosi è sviluppata a partire dal desiderio di valorizzare, in occasione del Cinquecentenario, il gioiello più prezioso della collezione d’arte di proprietà della Fondazione: la tavoletta del Perugino Madonna col Bambino e due cherubini. Da qui ha avuto origine il percorso, che inizialmente doveva essere dedicato al solo Pietro Vannucci e che, successivamente, ci ha condotto, grazie alla competenza dei curatori, a una mostra originale che rappresenta una vera novità nel panorama espositivo. Siamo molto grati alla Fondazione Burri per questa proficua collaborazione tra istituzioni culturali del territorio che continueremo a coltivare a beneficio dell’attrattività della nostra regione”.

A corredo della mostra è presente il catalogo curato da Vittoria Garibaldi e Bruno Corà, edito da Fabrizio Fabbri Editore.

Il progetto grafico dell’allestimento della mostra è a cura di Giuseppe Trivellini.

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